Anche la Corte di Appello di Roma, dopo il Tribunale di Firenze, ha dichiarato illecito il comportamento tenuto da INVEST Banca nei confronti dei suoi correntisti, investitori di IBS Forex.
Un altro capitolo si è chiuso, ma il libro sulla delicata vicenda che ha coinvolto centinaia di piccoli risparmiatori italiani nel crac IBS Forex, non ancora. Questi i fatti.
La Corte di Appello di Roma, con sentenza n.7971/2017 del 18/12/17, ha inferto un nuovo colpo alla INVEST Banca Spa di Empoli, difesa dagli avvocati dello Studio Legale Gianni Origoni, Grippo, Cappelli & Partners, tenuta a risarcire chi ha perso i propri risparmi investiti con l’intermediario IBS Forex.
Quest’ultima, in co-branding con Invest Banca, aveva confezionato, senza le necessarie autorizzazioni di legge, prodotti finanziari nel mercato del Forex, investimenti che venivano proposti ai piccoli risparmiatori, allettati dal rendimento sicuro con cui veniva presentato l’affare.
Cosicché, un esercito di procacciatori d’affari raccoglieva i risparmi di molte famiglie italiane (oltre all’investitore istituzionale Provincia Regionale di Palermo che ha collocato in IBS ben 35 milioni di danaro pubblico), fino a raggiungere un capitale investito di c.a 60 milioni di euro. Danaro tutto volatilizzato.
Ne è conseguita la dichiarazione di fallimento del Tribunale di Como e le condanne penali per gli amministratori e manager della finanziaria.
La sentenza della Corte di Appello di Roma in commento ha ribaltato sostanzialmente il giudicato di primo grado affermando che INVEST BANCA nell’operare come banca depositaria per le attività di IBS FOREX è tenuta a risarcire gli investitori di IBS per responsabilità oggettiva.
“La Banca, avendo aderito all'accordo di collaborazione e collaborando con l'intermediario IBS - dice il Collegio giudicante - ha consapevolmente accettato i rischi insiti in tale sua particolare scelta imprenditoriale”.
Inoltre, “sussiste il collegamento negoziale sia dal punto di vista degli interessi perseguiti che dal punto di vista dell’operatività concreta dei soggetti e dell'oggetto, non potendo l'intermediario (IBS) detenere alcuna somma del cliente ed avendo necessità di avvalersi di un istituto di credito che consenta il perseguimento del contratto concluso con il comune cliente”.
Il principio di diritto stigmatizzato dal Collegio romano è il seguente: “la Banca è tenuta alla verifica sostanziale e non solo della legittimità formale delle richieste di bonifico pervenute dall'intermediario (IBS) perché lo richiede il preminente interesse della cliente e perché non è ignota alla Banca l’attività in concreto esercitata dalla società (pure correntista dell’Istituto stesso). In presenza di un’operazione manifestamente anomala che possa compromettere l’interesse del correntista che abbia affidato alla banca i propri depositi rientra nei doveri di esecuzione di buona fede il rifiutare il compimento o quanto meno di informarne preventivamente il cliente”.
Il giudicato in commento segue l’altro del Tribunale Civile di Firenze del 29/1/16, in una causa promossa per la stessa vicenda da c.a 40 risparmiatori, con cui il Tribunale ha delineato la corresponsabilità di INVEST e IBS partendo dai seguenti ulteriori presupposti.
“Premessa l’attività non autorizzata e quindi - abusiva - della IBS Forex (che svolgeva operazioni di gestione di patrimoni per cui non era abilitata ai sensi dell’art. 106 TUB) e visto il regime, acclarato dal Tribunale, di collaborazione tra IBS e INVEST Banca, quest’ultima - precisa la sentenza - è solidalmente responsabile dei danni arrecati agli investitori in conseguenza della definitiva “volatilizzazione” delle somme veicolate su tali conti a seguito della mala gestio degli amministratori della IBS e del sopravvenuto fallimento di questa. D’altra parte non può dubitarsi della sussistenza in concreto di nesso causale tra la condotta della BANCA ed il danno arrecato agli attori. In difetto della collaborazione commerciale della BANCA, IBS non avrebbe quindi potuto operare”.
Sicuramente questa vicenda ha acceso un riflettore da parte dei Giudici sull’uso improprio delle autorizzazioni ex art. 106 TUB ad opera di molti intermediari. Una deriva avvenuta nel quinquennio 2005 -2010, finché non è intervenuto un nuovo assetto normativo a debellare il fenomeno. Troppo tempo per i tanti risparmiatori rimasti colpiti da tale diffusa illegalità che ha trovato Banche collaborative e l’Autorità di Vigilanza evidentemente distratta.